La Terra perde i serbatoi naturali di anidride carbonica, capaci di immagazzinare fino al 50% delle emissioni.
Si tratta delle piante acquatiche, palustri e delle mangrovie, distrutte alla velocità del 7% l’anno.
E’ l’allarme lanciato dal rapporto ‘Blue Carbon: the Role of Healthy Oceans in Binding Carbon’, realizzato dal Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (Unep) e presentato oggi a Citta’ del Capo, Sud Africa, in occasione del National Marine Month.
Il rapporto arriva a meno di 60 giorni dall’incontro sul clima che si terrà a dicembre a Copenaghen e fa parte di una revisione della capacità di sequestrare la Co2 da parte di diversi ecosistemi: dalla tundra alla foresta tropicale, fino ai deserti e alle zone ricche di torba. Secondo gli esperti, gli oceani, e in particolare gli ecosistemi costieri costituiti da piante acquatiche, palustri e foreste di mangrovie, sono tra quelli in grado di sequestrare più Co2, fino al 50% delle emissioni totali.
Inoltre, l’anidride carbonica sequestrata in questo modo resta immagazzinata per millenni, al contrario di quella ‘catturata’ dalle foreste terrestri che rimane immagazzinata al massimo per qualche secolo.
Ma la perdita di queste piante viaggia a una velocità di circa il 7% l’anno. In alcune zone dell’Asia, secondo gli esperti, circa il 90% delle mangrovie, piante che crescono nell’estuario dei fiumi, e’ andato distrutto dal 1940 ad oggi. Arginando la distruzione di piante acquatiche e palustri con opportune politiche di protezione e stanziando fondi, invece, si potrebbe aumentare il sequestro di anidride carbonica del 25%, una quota che aiuterebbe a contrastare i danni dei cambiamenti climatici. Le soluzioni proposte nel rapporto per contrastare la grave perdita di piante acquatiche e palustri sono diverse.
Secondo gli esperti occorrerebbe prima di tutto stanziare un fondo da destinare alla protezione degli ecosistemi marino e costiero che godono di minore considerazione rispetto alle foreste terrestri. E’ necessario, inoltre, proteggere almeno l’80% delle restanti foreste di questo genere di piante. In molti paesi si stanno perseguendo con successo politiche di riforestazione.
Gli esempi sono il Vietnam, per le mangrovie, e l’Europa e gli Stati Uniti, per le piante palustri. Interventi utili visto che, dagli studi fatti sui cambiamenti climatici da parte dell’ Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) e’ emerso che, per non superare il tetto dell’ aumento di 2 gradi della temperatura a livello globale, le emissioni devono essere ridotte dell’85% dai livelli registrati nel 2000 entro il 2050.
Un altro ecosistema particolarmente efficace nel sequestrare Co2, ma altrettanto minacciato, e’ il terreno ricco di torba caratteristico delle zone umide. Secondo il Wwf Italia, nonostante questo ecosistema occupi solo il 6% della superficie terrestre, riesce a sequestrare il 35% della Co2. Ma nell’ultimo secolo circa il 60% del patrimonio mondiale di questo ecosistema e’ andato distrutto, il 90% solo in Europa. In Italia, in 2000 anni, dei tre milioni di ettari originari oggi ne sopravvive appena lo 0,2%.
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